Guardarsi
indietro e tirare le somme di quello che si è fatto può dare anche
delle sorprese.
Bisogna
valutare da quale punto di vista esse siano piacevoli o tremende.
Il
primo e il secondo Canto realizzati, a fasi alterne nell'arco che va
dal 2004 al 2006, erano ancora debitori di una formazione accademica
che contrariamente a quanto si possa pensare non riguarda una
maggiore aderenza alla realtà. In quell'istituto, almeno verso la
fine degli anni novanta ci si preparava con una buona infarinatura
generale ai fondamenti e all'acquisizione della tecnica per poi
trovare una ricerca estetica personale che con uno stile vero e
proprio però non aveva niente a che fare. Il proprio linguaggio
visivo individuale si è potuto elaborare solo con gli anni, lontani
e in piena autonomia critica e di scelta da tutti gli orpelli e i
fronzoli che un continuo paragone con gli altri artisti del settore
ti porta a tirare fuori.
Non
che non si vogliano accettare suggerimenti o altre critiche
costruttive.
Ma
sta di fatto che il più onesto censore del proprio lavoro e chi lo
realizza e a fatica ne trova appagamento.
E
per questo motivo che in un 'opera di così lunga programmazione si
sceglie a fasi alterne di tornare indietro e rivedere e ridisegnare
intere sequenze, vignette e ambientazioni.
Ovvero
su di una tavola, non si cambia l'impianto originale ma lo si
reimposta in una vera e propria operazione di “restyling”.
Sono
pienamente convinto che maturare uno stile non possa non avere a che
fare con i passaggi di esperienze personali e con quelle “fratture”
che molte volte si vivono cercando di comunicare di sé con gli
altri.
L' inconprensione e il fraintendimento di un giudizio di valore sul proprio lavoro che sia oggettivamente “gratuito”, non fa mai piacere ma il più delle volte e per quanto mi riguarda rinforza solo il mio proposito a migliorare.
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